L'orgoglio e l'appartenenza

Sapete cos'è l'orgoglio di appartenenza?
E' un po' come credere in un'ideologia e per essa essere disposti a tutto.
Nei tempi passati, da qui, passavano anche ex partigiani, persone anziane che hanno rischiato la propria gioventù, per un ideale. Quello di essere liberi di esprimersi, di scegliere, di volere. E tanti sono rimasti eterni vent'enni, fulminati da una raffica di mitragliatore o da sofferenze troppo grandi per sopravvivere.
Da qui sono passati e ho avuto la fortuna di poter parlare con loro, sentirne le storie, apprezzarne l'emozione.
Poi, ad uno ad uno, sono morti, scomparsi e con loro una fetta di memoria.
Cosa possiamo lasciare ai vent'enni di oggi?
Noi abbiamo solo raccolto la memoria e, nella stragrande maggioranza dei casi, di questa memoria ci siamo scordati o emendati.
Fa paura parlare di cose che non risuonano al bello.
Fa paura non asserire di star bene.
Fa paura schierarsi.
E allora lasciamo i nostri ragazzi, persi in una storia che non valorizzano e in un presente senza ideali.
Ragazzi che confondono bombe di Stato come quelle di Milano, Bologna, Brescia con le Brigate Rosse; che nelle storie della Resistenza vedono solo un passato tanto remoto da risultare noioso.
Che riconoscono un presente senza futuro ma non ne comprendono le ragioni.
Che furbo e potente sono la regola; che vale chi vince; che la sconfitta non può esistere e se esiste è senz'altro colpa di qualcuno.
La sola appartenenza possibile è la moda del momento o una precarietà diffusa.
Per me l'orgoglio di appartenenza è anche la mia squadra del cuore e la sua storia; sono i miei perduti ideali, sono il piacere di sentire parlare tutti i giorni qualcuno che ha ancora qualcosa da dire.
Ma sono anziano e non conta.
Come un bianco senza marca da una bottiglia anonima.

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