Libeccio

C'è libeccio.
 
Vento da nord-ovest, atlantico, imponente, che fa alzare il mare, lo gonfia, lo fa sembrare uno di quei materassi ad acqua così scomposti quando ti ci muovi sopra.
Onde alte superano le protezioni del porto; le navi sembrano attendere l'uscita in mare aperto con quel misto di soggezione e spregiudicatezza.
 
Ci sono molti punti d'osservazione in una città di mare, fosse anche solo una finestra lontana.
Chi il mare abita, il mare sa sentire anche a distanza e con lui respirare.
Un respiro che sa di attesa e stupore ma anche di sconcerto e impotenza per qualcosa che potrebbe  far mescolare le carte.
 
Accade spesso che si spariglino le carte e il gioco muti d'improvviso; quando accade ti metti con la faccia al vento per sfidarlo e poi, pian piano, trovi un appoggio migliore per non farti spazzare via.
 
Sono un mare in tempesta anch'io: le onde le mie inquietudini, il vento la paura di volare.
 
Guardo questo mare in burrasca e penso a me, alle nubi di sale che mi avvolgono, alle nubi che sfrecciano nel cielo, ai miei pensieri spesso al palo, come l'asta con la bandiera rossa strappata dal vento che ricorda di non tuffarsi dentro quelle onde.
 
C'è libeccio oggi nel mio cuore. 
 
 


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