Particelle impazienti

Mi trovo spesso a restare fermo.
Davanti all'osteria, lungo il percorso che da casa mi conduce qui, sull'autobus che qualche volta prendo per fare un giro fuori dalla città.
Fermo.
Senza riuscire a capire se andare avanti o indietro.
La gente mi prende per matto, probabilmente.
Perché qualche volta mi muovo verso sinistra, faccio due passi, ritorno indietro, esattamente dal punto da cui mi ero mosso, e ne faccio due a destra.
E ritorno ancora. Sempre in quel punto.
Qualche volta mi accendo un sigaro, mi appoggio a qualcosa di resistente, un muro di casa, un palo...e rimango a guardare ancora un po'.
E poi vado nuovamente a destra o a sinistra, non importa.
La verità è che in quei casi non m'interessa andare da nessuna parte.
Sarà che amo stare fermo.
Vedere chi ti passa davanti e poi scompare mi fa lo stesso effetto di quando qualcuno, un turista per esempio, casualmente scatta una fotografia nella cui scena ci sono anch'io.
Penso che forse tra qualche centinaio d'anni, qualche erede troverà tra le scartoffie di vite altrui, quella foto di vacanza e nel guardare quella foto vedrà il mio volto, la mia postura, e per un attimo si domanderà chi fossi.
Stare immobile a guardare la gente che mi passa a fianco mi fa camminare nel tempo di quella gente e io con loro.
Non si sta mai fermi veramente.
Siamo particelle impazienti di sbucare da qualche parte, prima o poi, e diventare altro.
Ma lo capiamo sempre un attimo dopo.

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