Avventori e avventizi
L'osteria non si è ancora riempita di gente.
Quella che passava prima che decidessi di chiudere, ha preso nuove strade. Alcuni li vedo in lontananza girare la testa verso di me e tirare dritto, altri, i più, hanno proprio cambiato strada.
Succede.
Non sempre tutto ritorna, anzi, quasi mai qualcosa torna indietro.
Non ritornano le persone che sono andate prima di te, non ritornano quelle giornate a parlare con chi è andato prima di te, non ritorna neppure quella sensazione che sentivi mentre lo facevi; non ritornano tutti i gatti che mi hanno fatto compagnia in questi anni, le sere che sentivi d'essere stato importante e utile; gli amori che piano piano sono diventati routine, e nuovi amori che sono diventati routine; non ritorna quella giornata che vorresti aver trascorso con tua madre o tuo padre invece di rimandare.
Perché, quindi, dovrebbe ritornare un avventore da bar?
Ciò che torna, a ben vedere, siamo solo noi e la nostra mutevole faccia nello specchio di ogni giorno. I nostri pensieri che si fanno più accesi o bui ma che parlano con la stessa voce da sempre; la mia ha la tonalità che sembra quella che ho quando apro bocca.
I nostri occhi ritornano, anzi restano immutati. Ritornano a guardare sempre con gli stessi movimenti, sebbene provati da messe a fuoco indebolite.
Un avventore è qualcuno che tenta.
Tenta un approccio, varca la soglia e ordina qualcosa.
Dopodiché, qualcos'altro lo indurrà a ripetere quel gesto, forse uno stato d'animo rasserenato dall'ambiente, dalle parole ascoltate, da luci e colori, suppellettili, suoni.
A ben vedere siamo tutti avventori e avventizi, lo siamo ogni momento della nostra esistenza e non smettiamo mai, cambiamo solo un po' le movenze e le ritualità, ma siamo sempre forestieri in cerca di riparo.
Non piove più da quasi due giorni.
La macchina del caffè è calda e fuori non fa ancora freddo come dovrebbe.
Tra qualche giorno è Natale.
Anche questo ritorna e con lui tutta quella frenesia che non si spiega.
Quella che passava prima che decidessi di chiudere, ha preso nuove strade. Alcuni li vedo in lontananza girare la testa verso di me e tirare dritto, altri, i più, hanno proprio cambiato strada.
Succede.
Non sempre tutto ritorna, anzi, quasi mai qualcosa torna indietro.
Non ritornano le persone che sono andate prima di te, non ritornano quelle giornate a parlare con chi è andato prima di te, non ritorna neppure quella sensazione che sentivi mentre lo facevi; non ritornano tutti i gatti che mi hanno fatto compagnia in questi anni, le sere che sentivi d'essere stato importante e utile; gli amori che piano piano sono diventati routine, e nuovi amori che sono diventati routine; non ritorna quella giornata che vorresti aver trascorso con tua madre o tuo padre invece di rimandare.
Perché, quindi, dovrebbe ritornare un avventore da bar?
Ciò che torna, a ben vedere, siamo solo noi e la nostra mutevole faccia nello specchio di ogni giorno. I nostri pensieri che si fanno più accesi o bui ma che parlano con la stessa voce da sempre; la mia ha la tonalità che sembra quella che ho quando apro bocca.
I nostri occhi ritornano, anzi restano immutati. Ritornano a guardare sempre con gli stessi movimenti, sebbene provati da messe a fuoco indebolite.
Un avventore è qualcuno che tenta.
Tenta un approccio, varca la soglia e ordina qualcosa.
Dopodiché, qualcos'altro lo indurrà a ripetere quel gesto, forse uno stato d'animo rasserenato dall'ambiente, dalle parole ascoltate, da luci e colori, suppellettili, suoni.
A ben vedere siamo tutti avventori e avventizi, lo siamo ogni momento della nostra esistenza e non smettiamo mai, cambiamo solo un po' le movenze e le ritualità, ma siamo sempre forestieri in cerca di riparo.
Non piove più da quasi due giorni.
La macchina del caffè è calda e fuori non fa ancora freddo come dovrebbe.
Tra qualche giorno è Natale.
Anche questo ritorna e con lui tutta quella frenesia che non si spiega.
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