Spazi in rovina


Quando avevo dodici anni sembrava un fatto lontano immaginare che io potessi un giorno essere mio padre, averne le fattezze, il peso, la barba, la voce e la determinatezza.

Quando avevo dodici anni la cucina era il posto dove la voce di mia madre aveva quella risolutezza che non ammetteva repliche e che ti seguiva come un eco intanto che veloce fuggivi verso altre stanze.

Quando avevo dodici anni pensavo che a quaranta non sarei mai arrivato e quaranta mi sembrava un numero lontanissimo e impossibile.

Quando avevo dodici anni il pensiero era solo un lampo proiettato sull’immediato e i gesti, gesti compiuti nell’immediato e le parole, parole che scoprivo per la prima volta.

Ora che guardo queste stanze e ho superato i quaranta e sono ancora qui, vedo che dalle macerie di un tempo trascorso in fretta, sono comparsi dei bagliori che spesso mi ostino a chiamare luci ma che luci non sono ma che credo abbiano a che fare con la certezza che nulla il tempo rovina ma solo gli cambia aspetto, lasciando immutata la sua forza.

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