Il passato
Uno dei problemi del passato è che si mangia il
presente e se non fai attenzione, anche il futuro.
Quando la mattina mi alzo è un presente che si
ripete con monotonia e con rituali quasi sempre consolidati, i piedi giù dal
letto in quel modo, lo stropicciare gli occhi, l’indossare un paio di
pantaloni, strascicare i piedi per arrivare in cucina, versarsi il latte nei
cereali, preparare il caffè, accendere la televisione e ascoltare notizie già
vecchie di ore, in silenzio e poi scambiare quattro parole con chi mi vive
accanto, parole che sanno di progettazione della giornata, di parole senza
particolari energie vitali.
E quando esco di casa e vado a fare qualcosa, quel
rito del risveglio è già trascorso, è già passato e non sempre ne tengo conto.
Se ho creduto di aver vissuto perché sono stato in giro per il mondo, cambiato
mestieri, conosciuto una moltitudine di persone, la volta che mi trovo a
passare sotto le finestre della casa dove sono nato, e passando incrocio un
volto che è invecchiato come me e non riconosco, allora mi nasce il rimorso di
un tempo trascorso che non ho saputo mettere nella giusta dimensione.
Il passato ti fa ricordare una felicità che non
sapevi di avere, quando lo vivevi, e per quella particolare felicità, adesso,
fai i conti con un presente trafficato di eventi da catalogare e da spedire nel
futuro che saranno poi quel bel passato la cui nostalgia, ora, ti rende
immobile.
Torno a casa la sera, vado a dormire e ricomincio.
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