L'appartenenza

Appartenere.
A qualcuno, a qualcosa, a un'idea.
L'appartenenza è un lento divenire e un continuo attendere una nuova sfumatura cercandone sempre di nuove.
L'appartenenza a un'idea ha consentito di costruire delle nuove società, lottare per esse e ci è voluto del tempo.
Lo stesso per conservare una relazione o un'amicizia.
Ci si deve lavorare di continuo, sfidando la noia e il disamore quando non tutto si manifesta come vorremmo.
Le idee e, con esse, le ideologie lasciano il passo al possesso immediato di un riscontro tangibile. 
Pare non esserci più la voglia e neppure la pazienza per attendere un risultato: si vuole tutto e subito. Altrimenti, si passa oltre.
Ho speso molta della mia vita ad attendere un risultato da conservare, un sogno da raggiungere, un risparmio da fruttare, quasi sempre vanificati dalla fretta.
I caffè si buttano giù caldi o freddi, ma di fretta.
Apparteniamo a noi, alla nostra anima.
Qui passano sempre meno anime e sempre più corpi in fuga, repentini e sfuggenti, buoni come capocchie di cerini che avvampano e si consumano.
Le anime si trincerano, chi la conserva ancora, si tiene alla larga: fanno sorridere, le anime.
Le anime sanno parlare ma non hanno bocca se non si rischia un alito a volte sconveniente.
L'odore di certe anime infastidisce gli adoratori di questo tempo senza appartenenza, mischiati nella folla dei maratoneti del tempo consumato.
Ci sono anime che soffiano da dentro per uscire e serriamo i denti per paura di mostrarla, quell'anima nostra, reale, nuda e così lontana dal nostro vestito.
Bisogna appartenere a qualcosa, a qualcuno, a un'idea.
Che siamo noi, Dio senza schemi che non lasciamo vivere quasi mai. 


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