L'artista e la normalità

L'arte è un gesto inconsapevole che si fa sostanza. Noi genere umano, sostanza che diffetta di consapevolezza.
Più osservo, interagisco, ragiono con personaggi che l'arte hanno come compagna di viaggio e più comprendo la distanza che passa tra loro e gli altri. Non si tratta di classificazioni o, peggio, discriminazioni ma di pura constatazione.
Chi un po' d'arte ha nel sangue, riesce a godere di cose al limite, così tanto eteree e vacue, da poter apparire come masochismo. L'arte che intendo io è esente da tutto, denaro e potere in testa; viaggia su binari periferici da apparire quasi morti. E' uno stato dell'anima di chi ne è colpito.
Non soprendetevi di trovare uno di loro magari in cima a un monte, la notte, a cantare e suonare le sue canzoni alle stelle, scoprendosi infinitesimamente piccolo.
Non sorprendetevi a vederlo ai margini di un sistema sociale definito, immerso in un silenzio assurdo o in chiassose esternazioni.
Per chi come me vive di servizio, come una carta carbone, tutto risulta bizzarro. La normalità, a ben vedere cos'è?
Essere foglio, carta carbone o copia? E perchè non penna, tavolo. O il pensiero che ci fa scrivere. O il gesto di uscire per comprare i fogli; i soldi che li pagano.
La normalità per molti è il bisogno di sapere che non ci saranno sorprese; per un artista la sorpresa è il senso di una normalità che in fondo snobba.
Comunque la si metta, credo che al centro si muovano istinti e irrazionalità che ci riguardano, nostro malgrado, nonostante tutto.
Fare un buon caffè è arte?

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