Dizionari naturali

Chi scrive parole rivolte a possibili lettori, ha delle responsabilità e non può mentire, perchè sarebbe smascherato in un attimo.
Scrivere è come una talpa gigante che scava nella pancia e nella testa dell'autore obbligandolo a fare detriti di sé ogni volta terminata una parola perchè, senza detriti, lo scavo non procede e non porta da nessuna parte.
La grande massa di detriti resta accumulata disortinatamente ai lati del solco tracciato, può essere riutilizzata per richiudere i buchi, può essere inviata altrove per liberare dello spazio, può essere a sua volta scavata nuovamente. Le possibilità sono innumerevoli ma tutte non prevedono l'abbandono fine a se stesso.
Molto spesso accade di sentire in giro che ci sono scavi più adatti e altri meno adatti, profondità più cònsone e altre marginali, detriti preferibili ad altri.
Molto spesso pare di sentire in giro che una forma di condivisa civiltà sia quella opportuna da tenere. Addirittura si sente parlare di profondità quali l'amore o l'amicizia o l'istinto, come fossero prodromi della loro presunta meccanicità; come se solo quel sentimento, fatto così, con quel dizionario, potessere essere il solo accettabile.
La negazione di certi dizionari è considerata, molto spesso, alla stregua di una malvagità, di una colpa da espiare, di ore e giorni di analisi psicoanalitica cui sottoporsi, piuttosto che il rovescio di un linguaggio naturale.
Chi scrive qualcosa che altri magari leggono, ha responsabilità terribili, soprattutto verso se stesso, la sua umanità, la sua paura del buio, del vuoto, del precipizio, nel quale con terrore s'accosta sapendo che la caduta è la soluzione. 

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