Estate

L'osteria è chiusa.
D'estate il caldo non s'addice all'Osteria e neppure a me che ne sono l'Oste.
Giro e cammino per le strade assolate e mezze vuote per poi attraversare la sera e quasi niente la notte di questa città che mi ospita.
Tutti diventano turisti in questi giorni, anche i residenti.
Lo capisci da come si muovono e come si vestono.
Hanno un passo lieve e distratto dentro abiti leggeri, che sembrano attirare il sole su di loro e rifletterlo sulla strada.
Sono teste che si alzano e guardano oltre ai tetti delle case quasi a cercare qualcosa di mai guardato fino a quel momento, come in attesa di un segnale qualunque per fermarsi e scoprire una novità: una sporgenza di un terrazzo, un riquadro nel muro ben illuminato dalla luce, un volto alle finestre che racconti una storia.
Sono un gelato al passeggio, sudore che segna le magliette acriliche sulla schiena, sandali e cappelli sulla testa. E' caldo che cerca fresco ma vuole il caldo estivo, perché d'estate questo si desidera: la temperatura; la libertà dei gesti, la libertà delle intenzioni.
La città è varia e al tempo stesso ben catalogata nei suoi generi, solo cambiata d'abito, adesso estivo.
Gli stili rimangono identici; quelli dei quartieri collinari hanno il vestito da circonvallazione, occhiali ricercati per ripararsi dal sole e distinguersi. 
Rimane identica la barba lunga e curata dell'alternativo, il suo fare da Artista maledetto.
Rimane maledetto il maledetto da tutti, extracomunitario o straccione, rimane invariato lo scandire della giornata.
I bambini sono un po' più bambini e meno organizzati che d'inverno: almeno riempiono per maggior tempo le piazzette con giochi loro.
Tutto rimane identico tranne il clima, al quale ci si adegua.
Rimane identica la paura di vivere di qualcuno o di tanti, il desiderio di essere migliori; i sorrisi sono più sorridenti del solito, la sfrontatezza dei giovanissimi, immutata, semmai più sfacciata ancora, con i loro corpi belli in evidenza, accoglienti nelle abbronzature.
Dalle finestre delle case asciugano al sole gli attrezzi da spiaggia e molti indumenti colorati.
Si sente vociare sino a tarda sera nelle vie del centro; se ci si avvicina al lungomare, intere famiglie fanno "flaneur" in abiti rinfrescati e ben stirati.
Io ricerco spesso l'ombra di un vicolo o qualche pianta di giardini pubblici per respirare e mi sento nell'onda con gli altri, osservato e osservatore.
Sento il calore dell'asfalto nella pelle dei piedi che slittano sulla gomma della scarpa estiva e il contatto della fibbia sul collo del piede, a volte, mi toglie forza.
A casa apro le finestre, faccio passare la corrente, mi spoglio e leggo qualcosa o non faccio assolutamente nulla in mezzo a quell'aria rigenerante.
Fuori le voci seguono il flusso delle ore e delle temperature, con punte di silenzio e di chiasso.
C'è un vento interiore che sa di tempesta, come quando nubi di calore vengono colpite da un getto d'aria fredda.
La pioggia rinfrescherà e sarà ancora estate.
 

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