Incipit di un nuovo lavoro
La signora del piano di
sopra ha ottantaquattro anni e quando suona il pianoforte, in genere tra le
quindici e le diciassette, ma a volte anche la notte quando probabilmente non
riesce a dormire, quando suona il pianoforte sembra non ne abbia più di
ventiquattro. Il gatto quando mi guarda in quel modo lì, non sembra il mio
gatto, che poi, mio, vabbè, quello con il pelo che vive con me, non sembra un
gatto ma uno con uno sguardo così che ti fa sentire piccolo e inutile. La mia
amica che mi scrive una serie di insulti perché secondo lei sono un codardo e
non prendo nessuna decisione nella mia vita, probabilmente ha ragione. E
probabilmente non l’ascolterò.
Le cose che non ascolto
sono tante, vanno dalle cose più semplici, come Mettiti una maglia per uscire a
fumare che prendi un accidente, sino Senta Paolo, questo è un lavoro serio che
va preso con la responsabilità del caso.
Non ci vado dallo
psicoterapeuta sennò, ne sono praticamente certo, appena esco da lì, come
minimo vado a casa dei mei genitori e dico di tutto a mia mamma e lei non
capirebbe e mio padre si spazientirebbe dopo cinquanta minuti che andiamo
avanti a gridarci dietro ogni cosa, che poi lo so alla fine litighiamo perché
io dico che Genova è una città dove non si può fare niente e lei che mi
risponde che non capisco un accidente che lei lo sa, che sempre a guardare fuori
casa proprio non è così bello e che poi a Genova c’è tutto e io a
dirle che come fa a saperlo che non esce di casa da dieci anni. E allora mio padre
si spazientisce e va a sedersi fuori sul terrazzo, con il giornale aperto,
cristonando che ha il cuore debole e che così prima o poi lo ammazziamo. Non c’è niente da fare.
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