L'algoritmo del silenzio

    

Quando è stata la volta che una discussione vi ha impegnato la testa, il corpo, l'anima?

Assisto sempre meno a discussioni, qui da dietro il mio banco, la mia frontiera aperta. 

Osservo, invece, tante teste chine sulle tastiere del telefono interloquire con un mondo talmente vasto da risultare infinitamente piccolo circoscritto com'è dentro a delle formule, gli algoritmi, che decidono loro quando e se le tue parole riescono davvero ad arrivare a una moltitudine.

E' qualcosa di cui avevo già raccontato un po' di tempo fa ( vedi qui ) e più il tempo avanza e maggiore trovo sia la distanza da quel sentire che favoriva discussioni anche importanti, aspre a volte, dure.

Ogni tanto provo a provocare qualche discussione su qualche argomento attuale: la guerra nel vicino est europeo, il genocidio del popolo palestinese, l'invadenza del potere finanziario nelle vite di ciascuno (...)

Niente.

Nella migliore delle ipotesi si aprono le porte a luoghi comuni difficili da scalfire, dalla certezza di un nemico di cui non si conoscono ragioni né attuali né storiche sino alla faticosissima ( da ascoltare) tiritera su immigrati e immigrazioni.

Dietro a un bicchiere colmo e un caffè gustoso, molti nascondono il terrore che tutto possa cambiare e, al tempo stesso, la certezza di essere sempre nel giusto, dalla parte giusta: l'unica possibile.

Spesso ripenso a Ulisse e la sua filosofia di vita: non lo vedo da tempo e non so quale sia stata la sua strada.

Certo, però, che un po' mi mancano i suoi pensati silenzi




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