Al di qua del vetro

I punti di vista mutano così come quelli di visione e quelli cardinali.
Ciascuno si pone in una qualche direzione, prova la sua via, tutt'al più, modifica la sua rotta.
Un vetro, tipo quelli che ho qui alle finestre, è sempre un vetro comunque tu lo guardi, ma ciò che vedi oltre cambia a seconda dalla parte in cui stai.
Stando al di qua del vetro, vedo fuori una moltitudine che si muove, facce, occhi, momenti frenetici e altri rilassati. Pance, storpiature, calvizie o cumulo di peli; ogni cosa ha una sua dimensione, transita, qualcuno s'affaccia, altri ancora passano al di qua, ordinano, consumano, provano qualche parola, poi ritornano al di là, nella moltitudine.
Ogni tanto esco, mi metto al di là del vetro, e guardo al di qua, dentro, per capire chi passa cosa vede e se vede qualcosa.
E scopro che talvolta il riflesso che arriva da fuori sbatte sul vetro e impedisce l'osservazione del di dentro.
Altre volte no, è tutto molto limpido: spesso la sera, quando le luci calano d'intensità.
Al di qua e al di là.
In sostanza sono piccoli passi tra dentro e fuori a fare la differenza e ancor di più la posizione degli occhi , socchiusi o bene aperti.
Al di qua, sento un gran vuoto.
Al di là un gran chiasso.
E io, qui sulla soglia, a cercare l'equilibrio perfetto e scoprire che il solo equilibrio che c'è, è quello dato dal mio corpo eretto intanto che mi sposto.
Un po' come quelli lì, al di là del vetro, che corrono sempre verso qualcosa e mi domando perché lo fanno.
Chissà se a loro volta capiranno il mio star fermo.

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